Odisseo 2018, un incontro con Lucile Corbeille. di marcello mussolìn
“A che servono i Classici per oggi, quelli che hanno attraversato i secoli della storia europea, se non per ricordarci dell’ovvietà di un dovere, un dovere di umanità ?” riporta un citazione del professor Romain Graziani esposta all’ingresso della mostra “Odisseo 2018” di Lucille Corbeille.
Già, a che servono ?
Quando andavo a scuola l’Odissea non era certamente tra le mie letture preferite.
Sarà stato il professore di greco: bravo, secondo i miei compagni. Forse avevano ragione loro. Io lo “odiavo”. Certo che il greco non sono riuscito mai ad amarlo, al contrario del latino. Lì ero bravino.. ed il professore era lo stesso. Mah.
Sarà che Ulisse mi sembrava uno sbruffone: Io sono Odisseo figlio di Laerte: sono noto a tutti gli uomini per la mia astuzia, e la mia fama giunge fino al cielo.
Sbruffone o furbo?
Aveva indotto, con il sotterfugio del cavallo, i Troiani alla resa, e noi eravamo, of course, dalla parte dei più deboli. Tifavamo calcisticamente per Ettore.
Un tipo, Odisseo, che, dopo aver girato il Mediterraneo seducendo donne in ogni dove, arriva finalmente ad Itaca dove lo attende Penelope, moglie fedele che per vent’anni si è mantenuta casta per lui, nonostante la concreta possibilità di cornificarlo alla grande. Impossibile pure ad immaginarsi, per un liceale di 16 anni
Allora, a che servono i classici? E l’Odissea, metafora essa stessa del viaggio incessante dell’uomo?
In Omero è la perenne lotta di un eroe (?) stanco contro l’avverso destino: nonostante la benevolenza di Atena, affronta una sanguinosa guerra lunga dieci anni ed un periglioso viaggio lungo anch’esso un decennio, per sfuggire alle ire di un dio furibondo e padrone dei mari. Ed alla fine torna, ma non sfuggirà al fato essendo destinato a morte per mano del proprio figlio (questo in Omero non c’è, ma nella letteratura successiva se ne narra). E l’ho raccontata meglio di Ungaretti. (per i giovani: ai miei tempi c’era Ungaretti a presentare l’Odissea in televisione. Che è come quando Camilleri presenta Montalbano. Non si capisce niente e se ne può fare tranquillamente a meno…)
In Dante è la conoscenza, la ricerca di se stessi come elevazione morale: Fatti non foste a viver come bruti. Odisseo è inquieto. Riparte dalla sua Itaca per cercare – appunto – virtute e canoscenza, La sete di conoscenza è talmente grande che l’eroe deciderà di oltrepassare le colonne d’Ercole, infrangendo il divieto divino “a ciò che l’uom più oltre non si metta” trovando la morte.
In Joyce il viaggio di Leopold Bloom – seppur di un solo giorno – è l’inesorabile scorrere della quotidianità… Leopold Bloom non è un eroe. I suo i drammi sono i drammi del cittadino medio. La moglie, l’amante, il sesso, il figlio non-figlio. In ogni “cittadino” che incontra c’è lo stesso viaggio. Piccoli borghesi di una Dublino di inizi ‘900. Storie di persone incontrate lungo la strada, al bar. Tocca al lettore la scelta delle pause, delle cesure, perché la vita scorre così, non c’è modo di fermarla, neanche con i punti e con le virgole. Ma che fatica !
Tutta questa premessa per presentare il lavoro di Lucile Corbeille, giovane fotografa francese ma di casa a Palermo, che ho incontrato nell’ambito delle iniziative di “Palermo, laboratorio del dialogo fra le culture (*)”, durante cui ha presentato la propria mostra fotografica “Odisseo 2018”.
Ci presenta una fotografia “pensata” se guardiamo ai temi, tecnicamente “costruita” utilizzando una particolare tecnica di stampa su fogli di libro.
…mi piaciuta l’idea di questo tema (il festival di dialogo fra le culture) mi racconta, ed ho pensato di stampare delle foto mie sulle pagine dell’Odissea di Omero e di provare ad immaginare a cosa somiglia una odissea nel 2018. Quindi ho fatto delle foto, dei ritratti di qualcuno che vive a Palermo da qualche anno e che ha viaggiato per tanto tempo e che per me entra in perfetta risonanza con la storia di Odisseo.
La “sua “ è una Odissea di speranza. E’ il ricordo di un dovere di umanità.
Il nuovo Ulisse è chi fugge dalla propria terra e, per dirla con Lucile, è un esempio tra i tanti che vivono il dramma di allontanarsi dal proprio paese, dalla propria famiglia e senza sapere se un giorno o l’altro tornerà.
Il Nuovo Ulisse cerca la pace, un po’ di accoglienza..
Lucile lavora sul bisogno di umanità che dobbiamo sempre ricordarci di avere come nostro pensiero, in modo da proiettare un pò più di luce su queste persone, su queste vite che hanno bisogno di aiuto, di gentilezza, di accoglienza.
Lavorando su questo progetto, conclude, ho infatti capito che la gente è accogliente – il problema sono le lungaggini burocratiche che sono molto complicate, ma alla fine c’è molta solidarietà, c’è molta speranza da avere e nessuna paura.
Nessuna paura.
Grazie, Lucile
marcello
p.s. 1) Ovviamente sull’Odissea avevo cambiato parere già da tempo…
p.s. 2) Lucile parla perfettamente l’italiano, anche se con un delizioso accento francese. Altrimenti per me sarebbero stati guai.
p.s. 3) La mostra era ai Cantieri Culturali alla Zisa. E’ durata, purtroppo, solo tre giorni, ma speriamo che venga replicata o che Lucile possa esporre nuovamente a Palermo.
(*) Il progetto Labortorio di dialogo tra le culture è sostenuto da Instituto Francese di Palermo, in collaborazione con Associazione Lumpen, Cre.Zi Plus e con Welcome Refugees di Palermo.