I Florio, di Luisa Trapani. II parte
L’ingegno e l’intuito industriale di certo non mancavano al giovane Vincenzo Florio.
Insieme all’inglese Ingham per esempio acquistarono enormi quantitativi di zucchero e carboni fossili, che vendevano poi all’ingrosso in tutto il territorio siciliano, ricavandone enormi introiti.
Nel 1813 Vincenzo iniziò i lavori per la costruzione della Fattoria vinicola a Marsala la sua idea era quella di riprodurre un vino simile al madera, appunto il Marsala, insieme a quello che poi divenne il celebre Amaro Florio.
Anche l’industria del tonno non lasciò indifferente il giovane industriale, dapprima con l’acquisizione della tonnara dell’Arenella dove poi commissionò all’architetto Giachery la celebre casa dei quattro pizzi, e poi con l’acquisto delle tonnare di Favignana e Formica, di Isola delle Femmine, S. Nicola l’Arena, Scopello e Solanto.
Proprio da poco tempo anche gli eredi dei Florio, i Paladino riproducono lattine di tonno, numerate, con l’antico marchio della celebre lattina.
Nel 1840 i Florio allargarono i loro interessi anche nell’industri chimica, sempre insieme a Ingham ed al francese A. Porry impiantarono uno stabilimento in una proprietà dello stesso Florio, denominata “del pegno”, proprio alle falde di Monte Pellegrino.
Nel 1841 Vincenzo continua la sua ascesa rilevando la fonderia Oretea dai fratelli Sgroi. Le commesse in mano al giovane industriale si centuplicarono, tanto che la fonderia riuscì ad avere fino ad ottocento operai!
Celebre fu la produzione di un torchio idraulico indispensabile nell’estrazione dell’olio d’oliva e nell’imballaggio dei sommachi..
Della produzione delle fonderia Oretea a Palermo vi è la cancellata che chiude il giardino di Piazza Marina.
Un’altra brillante idea fu quella di creare una fabbrica di ceramica per la produzione dei servizi di terraglia che dovevano essere usati nelle navi da crociera della navigazione italiana. Quella era almeno l’idea originaria. La produzione poi si ampliò con la produzione di servizi di porcellana più raffinate, decorati dal Lentini e da E. M. Berger.
Nel 1834 Vincenzo fu addirittura eletto componente della Camera Consultiva nel commercio, carica che ricoprì per altri 25 anni. Questo fu un segno inequivocabile che ormai il nome dei Florio entrava di diritto nel mondo di chi “contava” a Palermo.
Nel 1840 Vincenzo decise finalmente di sposare G. Portalupi con cui aveva da anni una relazione clandestina. Ciò successe solo dopo la nascita del sospirato erede a cui venne dato il nome di Ignazio. Da questa relazione nacquero anche due bambine Angelina e Giuseppa.
Naturalmente il tenore di vita della famiglia Florio divenne molto agiato, tanto che nel 1858 la famiglia festeggiò l’ingresso del giovanissimo Ignazio al circolo “Casino di dame e cavalieri”. Fu così che grazie alla ricchezza acquisita che i Florio poterono entrare a far parte della noblesse siciliana.
Nel 1868 anche Vincenzo Florio si spegne, lasciando nelle mani del giovane figlio e unico erede una congruente flotta di navi, varie industrie ed una enorme quantità di denaro contante.
Intanto Ignazio si era fidanzato e successivamente sposato con la baronessa G. D’Ondes dei Trigona, con questo matrimonio i Florio entrarono ufficialmente nel bel mondo dell’aristocrazia siciliana, lasciando per sempre la società borghese che fino ad allora aveva caratterizzato la loro vita di imprenditori. Addirittura i loro figli Ignazio, Giulia e Vincenzo sposarono tutti degli aristocratici.
Giulia andò in sposa a soli 15 anni a Pietro Lanza di Trabia, per intenderci i proprietari di Palazzo Butera, Villa Trabia a Terre Rosse e non solo, con una dote di ben 5 milioni di lire, cifra straordinaria per quei tempi…
Continua alla prossima puntata
Luisa Trapani
le puntate precedenti:
Bentornata Franca Florio
I Florio – Prima Parte
Luisa Trapani
(foto mm x p.f.)