Alla ricerca del Rancutanu – di Marcello Troisi
Chi era Rancutano? Quando Gigi Burruano mette in scena “Palermo, oh cara!” crea, inaspettatamente, un fenomeno di teatro dialettale moderno che crea nella memoria collettiva una serie di personaggi, primo fra tutti quello del Rancutano, o Rancutanu, in dialetto.
Alla ricerca del Rancutanu
Anch’io ero nella platea quando, nel lontano 1979, lo spettacolo andò in scena e quando comparve sulla scena il personaggio del Rancutanu ebbi un sussulto di stupore e curiosità.
Infatti, per me, u’ Rancutanu era il mio meccanico, mica un personaggio popolare.
Nulla potevo immaginare che quella messinscena approssimativa e divertente sarebbe diventata teatro d’avanguardia. Quindi cercai di immaginare per brevi istanti il senso del termine, poi mi divertii per tutta la durata dello spettacolo.
Alcuni anni prima, la mia prima autovettura, compratami da mio padre dopo la maturità, rigorosamente usata, era una Fiat 850 color carta-da-zucchero scuro, sedili marroni, fari gialli, pomello del cambio trasparente a diamante con dentro un mazzolino di fiori secchi. Tascissimo, peccato non averlo più.
Mio padre sosteneva che la mia prima auto non potesse che essere usata, visti i maltrattamenti a cui sarebbe andata incontro, vuoi perché ero principiante, vuoi perché era mia. Sic.
Per l’acquisto fu incaricato mio nonno materno, esperto di automobili e pilota sportivo dilettante, che nell’anteguerra aveva lavorato a garzone da meccanico. Inoltre gestiva alcuni distributori di carburante e, vedendo passare molte automobili, conosceva modelli e quotazioni, quindi avrebbe sbrigato la faccenda con successo.
Una sera mio nonno telefonò dicendo:
– Marcello, la macchina adatta per te fu trovata. Domani te la vai a pigghiare nnù Rancutanu!
– U’ Rancutanu? Dissi io. Ma dove?
– U’ Rancutanu: mio cugino, all’officina di via Libertà. Poi a pagare se la vede tuo padre. Tu, vacci!
Non era in Via Libertà ma all’angolo con Via Carducci (ora li c’è Tod’s) ma mio nonno dava indicazioni sommarie convinto che tutti conoscessero le coordinate dei “suoi” luoghi. Manco sapevo che macchina fosse ma ero lo stesso contento ed emozionato. Mica potevo scegliere.
L’indomani mattina ci andai.
U’ Rancutanu non era lo stesso Rancutanu di Burruano, si chiamava Enrico ed era cugino di mia nonna ma il soprannome glielo aveva dato mio nonno. Il soprannome (in palermitano nciuria) gli era stato dato da mio nonno per gelosia, dopo aver appreso che Enrico da ragazzo avrebbe voluto fidanzarsi con mia nonna.
Quindi: Rancutanu cioè Orangutan, scimmione, così mi disse mio nonno.
Sul dizonario Treccani: orangutàn (o orangutano; pop. rangutàn, rangutano) s. m. – Adattamento della voce malese Orang-Utan ‹òraṅ ùtan›, con cui nella penisola di Malacca sono designate le tribù di cacciatori-raccoglitori viventi nella giungla dell’interno.
In similitudini: di persona d’aspetto quasi scimmiesco, goffa e pesante nei movimenti, o molto pelosa.
Il mio inconsapevole Rancutanu era invece decisamente un bel tipo, spalle larghe, occhi azzurri ma tant’è, la gelosia. Non ebbi mai il coraggio di chiamarlo col soprannome ma col suo vero nome.
Qualche anno dopo andava in scena “Palermo, oh cara!” riscuotendo un successo inatteso. Nella rappresentazione di Roma il critico Ghigo De Chiara paragonò Burruano al primo Carmelo Bene scrivendo che si trattava di «un pezzo di teatro che vale la pena di vedere e di gustare tutto d’un fiato».
Gigi Burruano parlando del personaggio, in un’intervista racconta: Era una figura, quella del Rancutanu, che mi portavo appresso da quando ero piccolo, un uomo laido, storpio, uno cattivo che non ascolta nessuno. Su questo nome e su questa figura costruii il personaggio della Vecchia che lo maledice, e a poco a poco vennero fuori gli altri personaggi.
Se oggi cerchiamo sul web il significato di rancutanu, troviamo riferimento a sinonimi come: strozzino, viscido, cattivo e mai al nobile animale del Borneo. Vale sopra ogni cosa l’interpretazione di Burruano che del personaggio ha fatto un icona di un teatro dialettale, che altro non era che avanguardia.
Carmelo Bene e Bertoldt Brecht sono miti inarrivabili. Ma la rappresentazione del monologo del Rancutano con la Carta della Morte in “Palermo, oh cara!” ha tutta l’identità ed il rispetto di una messa in scena di quel teatro sperimentale che avrà successo in quegli anni.
Video: Palermo, oh cara!
E’ realmente esistito un Rancutanu cattivo e storpio, simile ad un orangutan?
Non ho modo di saperlo ma sicuramente Gigi Burruano ne conobbe uno.
Mio nonno sapeva dei rancutani e mi affido anche alle origini antiche del lessico dei nostri predecessori, premesso però che mio nonno spesso inventasse nomi e fatti adattandoli a modo suo.
Mio nonno conobbe un Rancutanu o lo stesso di Burruano? Non saprei.
Mi convince la sua spiegazione e mi diverte.
Invito i miei soci Marcello e Antonella, gli amici studiosi Riccardo, Gabriella, Paola, Alli, Ruggero, Maria, Maruzza e chiunque ne sappia di più di me a commentare ed approfondire. Il blog è di tutti e serve proprio a questo.
[Marcello Troisi]