Nonna Cira – di Raffaello Piraino
Pubblichiamo a puntate una serie di racconti scritti dal professore Raffaello Piraino, creatore della omonima Fondazione Museo del Costume Raffaello Piraino.
Maggiori informazioni e attività al nostro sito: http://www.palermofelicissima.it/museo-del-costume-raffaello-piraino/
Da: “Album di famiglia”, di Raffaello Piraino
Il bisnonno paterno decise di cercare la moglie al figlio primogenito. Non era necessaria la pari condizione sociale ma indispensabile e consistente doveva essere quella patrimoniale perché il figlio, per la legge sul maggiorascato, avrebbe ereditato tutto il patrimonio della famiglia.
La ricerca in paese fu infruttuosa ma la fortuna gli venne incontro.
Rendendo omaggio alla venerata Madonna della Milicia, nel vicino paese di Altavilla, aveva, per così dire, “posato l’occhio”, su di una fanciulla raccolta in preghiera davanti all’altare maggiore; chiese informazione al parroco e venne a sapere che si chiamava Cira, diminutivo di Cecilia.
La sua famiglia, l’onorata Guttadauro La Brasca, godeva in paese di grande stima. Il padre, proprietario terriero, era considerato un uomo d’onore e un fratello si apprestava a conseguire la laurea in medicina.
Apprese inoltre dagli informatori che la ragazza aveva i fianchi larghi atti a generare numerosa prole e quindi si convinse, se gli altri accertamenti fossero andati a buon fine, che la sua scelta poteva essere quella giusta.
Prima di parlarne al figlio volle però accertarsi che la ragazza era ancora vergine e che nessun’altro pretendente la circuiva. Gli informatori gli dissero pure che la ragazza sapeva leggere e scrivere, per aver frequentato il locale convento delle suore francescane e che conosceva l’arte del ricamo.
Le trattative furono presto concluse e, stabilita la dote, il fidanzamento fu reso noto al figlio che, smaniando per la curiosità di conoscere la ragazza andò all’annuale festa di San Giovanni Nepomuceno. La ragazza e la sua famiglia sicuramente avrebbero partecipato alla sagra in onore del Santo e i due giovani, a distanza si sarebbero potuti sbirciare.
Così avvenne e il nonno rimase favorevolmente colpito dalla grazia e dalla bellezza della futura sposa.
I preparativi per le nozze furono frenetici. Per l’abito nuziale fu scelto un modello parigino e le sartine del paese si diedero un gran da fare per confezionarlo.
Il corredo nuziale era stato già preparato sin dalla nascita della ragazza e ora, approssimandosi la data delle nozze, le donne di casa lo stavano rinfrescando per preparare l’esposizione nuziale.
Era consuetudine allora ostentarlo ai parenti e conoscenti per raccogliere
espressioni di consenso e meraviglia. Al contempo le sartine cucirono anche un elegante abito nero, il così detto abito degli “8 giorni” accessoriato con guanti, cappello e piccolo ombrellino paraviso.
Era tradizione che gli sposi novelli per otto giorni restassero chiusi in casa per consumare le nozze. Quell’abito veniva indossato dalla sposina otto giorni dopo le nozze per la prima uscita ufficiale. Gli sposi si recavano in visita dai parenti per consegnare le “Bomboniere ricordo” e per ringraziarli dei regali ricevuti. Conservo, in memoria di nonna Cira, frammenti dell’abito nuziale, un sacchetto porta confetti, un fazzoletto ricamato e l’ombrellino per proteggersi dai raggi del sole..
Raffaello Piraino