Frank Zappa, io c’ero. Antonella Ferraro
Al concerto di Frank Zappa io c’ero.
O sarebbe più corretto dire a quello che doveva essere il concerto di Zappa.
Era il 14 luglio 1982. Avevo 19 anni!
Come oggi dico a mio figlio anche io allora pensavo di avere il mondo tra le mani.
L’attesa per il concerto fu’ lunghissima, l’acquisto del biglietto, la preparazione insomma quanta adrenalina sciupata.
Un’estate pienissima di eventi, fu l’anno dei miei esami di stato, della vittoria ai mondiali di calcio e di Frank Zappa.
Ho dei ricordi meravigliosi…tranne che per il concerto.
Decidemmo di andare insieme ad un gruppo di amici.
Dimenticavo di scrivere che era anche la festa della Santuzza (per chi non lo sapesse parlo della Santa Patrona di Palermo ovvero S. Rosalia ribattezzata da noi palermitani la Santuzza), per cui la confusione era pazzesca.
La scelta di far coincidere concerto e festeggiamento della Santuzza non fu un’idea furba.
Posteggiammo la “macchina” lontana dallo stadio “così evitiamo di farcela chiudere”, vestiti un po’ “sfasciati” sia per stare comodi e sia perché così saremmo stati in tono con l’evento.
Entrammo allo stadio fieri di poter assistere ad uno concerto IMPORTANTE e coscienti che eravamo dei privilegiati.
Appena dentro lo stadio pensai di essere fortunata e tochissima. Chissà quanti mi avrebbero invidiata.
Il concerto cominciò e subito capimmo che la scelta della amplificazione era pessima ed eravamo lontanissimi dal palco.
Frank Zappa lo vedevamo appena.
Dopo soli trenta minuti qualcuno decise di oltrepassare un cancelletto che separava il pubblico dal palco e li cominciò l’inferno.
Le forze dell’ordine anziché semplicemente bloccare queste persone decisero subito di lanciare lacrimogeni e caricare!!!
L’aria era irrespirabile, tutti tentavamo di uscire e per cui si creò una calca paurosissima.
Uno dei miei amici realizzò subito quanto poteva accadere mi strattonò e mi disse di correre senza fermarmi per nessun motivo.
Riuscì a capire quale fosse il varco aperto e scappammo via. C’era una ressa pazzesca non riuscivamo a camminare. Vittorio mi guardò e mi urlò: fai quello che faccio io. Salì sul cofano di un’auto parcheggiata e saltellando da un cofano ad un altro riuscimmo ad evitare la carica della polizia!
Ricordo la paura, gli occhi rossissimi, la tosse, la corsa a perdifiato ed infine il pianto liberatorio!
Antonella
n.b. le immagini sono state trovate in rete.