Il diario di Anna Frank, di Paola Pace La Pegna

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Sono parecchi giorni che mi frulla per la testa la figura di Anna Frank.

Non tanto per la ‘Giornata della Memoria’ ancora fresca, ma per i vari episodi di antisemitismo che si stanno verificando sempre più spesso nel nostro Paese ed in Europa…

Il ‘Diario’ è stato uno dei primi libri che ho letto, e sicuramente il primo ‘importante’, anche se quando lo presi in mano per la prima volta, non lo sapevo.

È una frase fatta sentita decine di volte da tutti, “…quel libro mi ha cambiato la vita..”.

Io non arrivo a dire tanto, ma sicuramente ha cambiato la mia percezione del prossimo, e sono certa che abbia gettato le basi per la  coscienza contraria a tutte le declinazioni dell’ intolleranza che oggi sono fiera di avere.

Avevo 8 anni, e da pochi mesi ero una ‘sorella maggiore’. Era giugno,  era appena finita la scuola, e mamma era assorbita completamente dalla frignante nuova arrivata. Già mi annoiavo, viste le scarse relazioni sociali che la mia granitica mamma mi faceva intrattenere, così, per passare il tempo, andai nello scaffale dei libri a cercare qualcosa da leggere.

Onestamente non ricordo cosa mi indusse a scegliere proprio QUEL libro. Magari pensavo fosse qualche romanzetto per ragazzi… in fondo, a scuola ero arrivata agli Egizi, e della guerra, avevo sentito solo qualche racconto di mamma, che l’aveva vissuta da bambina, e mi raccontava di ‘sfollati’, fame, miseria, famiglie divise come la sua, coi genitori bloccati da una parte e figli da un’altra..

Ma io ero piccola, ero una bambina del boom economico, le mie percezioni non potevano essere troppo ‘accurate’…

Cominciai dunque a leggere la storia di Anna, una ragazzina poco più grande di me, all’ inizio del libro…

Ricordo che, per un breve pezzo del racconto, quasi la invidiai, perché, pur essendo ambientato il libro più di trent’anni prima, quella ragazzina olandese godeva di una libertà che io mi sognavo. Ma l’ invidia durò poco…

Man mano che leggevo, la simpatia per quella ragazzina, chiacchierona e brava nei ‘temi’ come me, la curiosità per i suoi commenti su una scuola così diversa dalla mia, su tramutava in apprensione, sgomento, scoramento, e poi angoscia… sensazioni che provavo senza saper dare loro un nome.

Qualche barlume dell’ Anna ragazzina allegra, si intravedeva sempre, quando raccontava dei litigi dei Van Daan, o Delle battaglie tra sua madre e la coinquilina, e Delle batoste che questo ultima prendeva, e mi ricordo che cercavo sempre con avidità questi momenti del racconto, per alleggerire la tensione che sentivo dentro, ma anche perché desideravo che Anna fosse allegra..

Mai, neanche per un momento, ho pensato di non terminare il libro, forse perché convinta di trovarci il ‘lieto fine’ a cui mi avevano abituato le favole.

Sappiamo tutti che il libro resta monco… Si chiude con una nota che racconta come, per due soli mesi, Anna non ce l’abbia fatta a vivere tutti quei sogni che aveva chiusi nella cantina del suo cuore..

Ho riletto parecchie volte il libro nel corso della mia vita, per motivi scolastici, e per me stessa. Da quel lontano giugno nasce l’amante della storia di quel periodo, e la studiosa di tutto ciò che riguarda il razzismo, dalle piantagioni americane, a Martin Luther King, all’ Apartheid e Mandela.

Anna non mi ha cambiato la vita, ma mi ha insegnato l’amore per il prossimo di qualunque razza e colore, e mi ha regalato una visione ‘arcobaleno’ del mondo, anche se ultimamente aggiungerei il vocabolo ‘utopistica’, purtroppo…

Il diario di Anna Frank, di Paola Pace La Pegna

(immagini dal web)

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