Mario e le trovature – racconto

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Mario e le trovature

L’indomani sarebbero cominciate le vacanze.

Tutti seguivano ormai distrattamente le lezioni, guardando fuori dalla finestra i colori delle giornate sempre più luminose.
Qualcuno sarebbe andato in vacanza al mare, altri in montagna. Per tanti le vacanze erano invece in campagna, dove le famiglie si trasferivano per trascorrere il periodo estivo nel paese d’origine e dove i ragazzi avrebbero rivisto i nonni.

L’ultimo giorno di scuola alla Prima Media, la “prof.” aveva spiegato cosa fossero le “trovature”, spiegando che le campagne siciliane ne erano ancora piene.
La Sicilia aveva una storia antica e le campagne spesso restituivano dei tesori, trovati talvolta zappando o scavando nel terreno alla ricerca di un pozzo.

Mario ricordava bene il racconto del nonno di un suo amico che, quando era ancora un ragazzino, togliendo una radice secca di Zibibbo aveva scoperto un’anfora molto vecchia.
L’anfora era nera e decorata con figure color terracotta che raffiguravano guerrieri con elmi e lance, all’interno conteneva tante monete d’oro.
Oggigiorno, aveva spiegato la prof, queste trovature esistevano ancora e, se qualcuno ne trovava una, doveva subito denunciarla alle autorità perché avrebbe potuto essere un bene archeologico.

A Mario però quest’ultima parte del discorso interessava meno anzi, pensava, se avesse scoperto una trovatura, avrebbe comprato tante cose belle per suo padre, sua madre e suo fratello.

Nel paese dei nonni di Mario il segnale televisivo non arrivava, per cui era consuetudine riunirsi la sera per ascoltare chi raccontava i cunti, fra questi il cunto delle trovature.
Le trovature potevano essere di due tipi: libere e vincolate. Le prime venivano scoperte per caso dai contadini, che diventavano ricchi all’improvviso e avevano così l’occasione di riscattarsi. Le seconde, invece, davano del filo da torcere, poiché bisognava liberarle ricorrendo a riti o formule magiche.

Come si diceva: le trovature si dovevano “scunzare”.

Oggi quasi nessuno parla delle trovature. Esiste, tuttavia, qualcuno che sostiene di possedere delle mappe antiche che conducono a tesori nascosti. Tali mappe fanno parte della loro eredità, ma ovviamente bisogna avere dei requisiti precisi, come ad esempio essere nati in uno specifico giorno, avere un determinato nome e altro ancora. Se il trovatore si impossessa del tesoro senza avere i requisiti, avrà una vita segnata da disgrazie.

Mario sapeva che il bisnonno conosceva il luogo di una trovatura ma nessuno l’aveva mai “scunzata”: la favolosa ricchezza della grotta di Cornadoro.
Si conosceva la zona e il percorso da seguire ma nessuno era mai potuto entrare per via del passaggio stretto, solo chi era così stretto ci poteva passare.
Mario pensava che i ragazzini erano abbastanza “stretti”.

Così una mattina Mario si incamminò con i suoi amici in direzione della grotta. Se gli adulti non sono potuti entrare -pensava- noi di sicuro ci riusciremo.
Partendo dalla Chiesa di Santa Maria della Stella, si doveva superare la contrada di Porta del Principe poi, attraverso le campagne arrivare alle cascate sul Torrente Ossena. Camminando dentro la gola del torrente si arrivava alla grotta.

Presa acqua, panini, temperini, corde e spago, in tre si avviarono camminando per circa due ore.
A quel tempo non c’erano problemi e i ragazzini potevano circolare liberamente: c’erano poche macchine e in campagna tutti conoscevano tutti.
Arrivati alla grotta, si doveva decidere chi dovesse entrare. Se ci entrava la persona sbagliata erano disgrazie, quindi rifletterono che il vincolo fosse quello della grandezza per cui doveva entrare il più secco dei tre.

Il più secco era Mario per cui si avventurò per primo, seguito dagli altri due.

Le pareti della grotta erano strette ma, a un certo punto la loro inclinazione cambiava restringendosi in altezza, per cui bisognava avanzare strisciando.
Di sicuro il passaggio più avanti si allargava e Mario ci sarebbe passato ma la massa di roccia sopra e sotto crearono in lui un senso di oppressione e quasi soffocamento, per cui rimase bloccato. In preda alla confusione non riusciva ad avanzare né a retrocedere ma fu aiutato dagli amici che lo tirarono per i piedi.

Mario uscì tremante alla luce del giorno, un po’ per la paura ma soprattutto perché suo padre, se l’avesse saputo, gliele avrebbe suonate di brutto! Ma gli amici gli davano pacche sulle spalle per incoraggiarlo, visto che anche per loro era lo stesso…

C’è una cosa da dire: a quell’età più dei tesori contano gli amici, le gite, i bagni nel torrente, la caccia alle lucertole.
Tuffatisi nell’acqua del torrente, ridendo e spruzzandosi a più non posso, si rinfrescarono e si consolarono con gli ottimi panini, non pensando più ai tesori e al pericolo scampato.

A dare di recente una definizione di “trovatura” è stato Andrea Camilleri.
“La trovatura” – ha scritto – è un tesoro che un povero contadino rinviene casualmente nel terreno che sta zappando, tesoro che gli cambia per sempre l’esistenza facendolo diventare favolosamente ricco.
Di solito – prosegue Camilleri – la trovatura consiste in alcuni contenitori di terracotta (giare o quartare) stracolmi di monete d’oro, nascosti anticamente sottoterra dai briganti o da qualche proprietario terriero minacciato nelle sue ricchezze e da allora mai più potuti recuperare”.

(Ogni riferimento a fatti e persone è puramente reale)

Marcello Troisi

Per chi volesse saperne di più, l’etnologo Giuseppe Pitrè annovera ben 63 di questi tesori sparsi tra le diverse località della Sicilia.

Giuseppe Pitrè – La tradizione popolare siciliana attraverso eredità culturali e innovazioni (Edizioni Lussografica)

Salomone Marino – Costumi e usanze dei contadini di Sicilia

Per chi volesse andare alla grotta, Palermo Felicissima consiglia questo percorso:
La cascata dell’Oxena, la valle del Loddiero e la Grotta Del Drago (google.com)

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